La storia - Castello di
Bellaguardia (Giulietta)
Montecchio Maggiore (VI)
La
particolare
posizione
geografica
di
questi
rilievi,
che
permette
di
dominare
l’area
compresa
tra
i
Colli
Berici
e
le
colline
delle
valli
di
Chiampo
e
dell’Agno,
fu
considerata
interessante
sin
dalla
dominazione
romana.
I
romani,
probabilmente,
furono
i
primi
ad
edificare
delle
torri
di
osservazione,
sfruttando
la
posizione
strategica
delle
sommità.
Le
prime
voci
storiche,
che
ci
parlano
di
un
castello
costruito
su
queste
colline,
risalgono
all’anno
1000.
Ed
i
primi
signori
di
Montecchio
Maggiore,
e
del
castello,
furono
i
Bongiudei.
Per
successione
poi
passò
alla
casata
dei
Pilei,
di
origine
tedesca,
per
oltre
due
secoli.
In
questo
periodo
si
svolsero
aspre
lotte
contro
Ezzelino
da
Romano,
dominatore
di
gran
parte
dei
territori
veneti.
Nel
1207
i
due
signori
concordarono
un
patto
di
pace,
che
si
rivelò
solo
un
breve
periodo
di
tregua.
Ezzelino,
grazie
all’appoggio
del
suocero,
l’imperatore
Federico
II,
costrinse
i
Pilei
alla
resa.
Duecento
saraceni
furono
lasciati
a
guardia
e
difesa
delle
fortezze.
Nel
frattempo
Uguccione
Pileo
riuscì
a
ripristinare
il
proprio
esercito,
e
sconfiggere
i
saraceni.
Ezzelino
rispose
con
un
attacco
cruento,
distrusse
le
rocche
e
fece
uccidere
tutta
la
famiglia
dei
Pilei.
Quel
che
rimase
del
castello
passò,
nel
1314,
alla
Signoria
Scaligera.
Nel
corso
della
guerra
Veneto
-
Scaligera,
che
terminò
nel
1339,
il
castello
fu
completamente
distrutto,
ed
i
vincitori
imposero
agli
Scaligeri
di
non
ricostruirlo.
L’edificazione
degli
attuali
castelli
iniziò
nel
1354
da
parte
di
Cangrande
II
della
Scala
signore
di
Verona.
E’
a
questo
periodo
che
si
riferisce
la
storia
di
Giulietta
Capuleti
e
Romeo
Montecchi.
Dai
Signori
di
Verona
passarono
ai
Visconti
Signori
di
Milano.
Ma,
nel
1404
i
cittadini
di
Montecchio
accettarono
spontaneamente
la
protezione
della
Serenissima
Repubblica
di
Venezia.
I
castelli
nella
loro
completezza
erano
collegati
da
mura
di
cinta,
la
superficie
interna
era
di
circa
15
ettari
(corrispondenti
alla
misura
locale
di
40
campi
vicentini),
su
cui
sorgevano
costruzioni
in
legno
e
pietra,
dove
venivano
ospitati
soldati
e
cittadini
in
caso
di
attacco
bellico.
Il
1514
fu
l’anno
di
una
ulteriore
distruzione
dei
castelli,
ordinata
da
Bartolomeo
D’Alviano,
con
preciso
intento
che
non
potessero
servire
ad
altri
invasori
per
scopi
bellici.
Era
il
periodo
della
guerra
della
Lega
di
Cambrai.
La
pace
vera
per
i
castelli
arrivò
nel
1742,
quanto
fu
lo
stesso
comune
di
Montecchio
Maggiore
ad
acquistarli.
Il
vero
intervento
di
ristrutturazione
iniziò
solo
nel
1936,
e
dopo
la
II
guerra
mondiale
partì
il
progetto
di
valorizzazione
turistica.
Nel
corso
degli
ultimi
decenni
sono
state
varie
le
opere
di
mantenimento e ristrutturazione.
Castello di Bellaguardia (o di
Giulietta)
Questo
è
il
castello
di
Giulietta.
Occupa
la
parte
più
alta
della
collina,
e
domina
il
paese
di
Montecchio
Maggiore,
ma
soprattutto
le
vie
di
accesso.
Infatti,
il
nome
di
“bellaguardia”
è
di
origine
longobarda
e
significa
“luogo
di
osservazione”.
Si
sviluppa
su
una
superficie
di
oltre
1.500
mq,
la
torre
è
di
circa
20
metri
di
altezza.
All’interno
è
stato
costruito
un
ristorante
ed
una
bellissima
terrazza
da
dove
ammirare
un
ampio
panorama.
Al
primo
piano
si
possono
ammirare
i
pannelli
affrescati
di
Pino
Casarini,
12
scene
che
narrano
la
storia
di
amore
di
Giulietta
e
Romeo,
ed
i
due
ritratti,
uno
del
Conte
Luigi
da
Porto
e
l'altro di William Shakespeare.
Fonte:
http://www.castelliveneti.it/castello_giulietta
_e_romeo
La leggenda
E’
Shakespeare
stesso
a
riassumere
così
la
storia
d’amore
più
struggente
di
ogni
tempo,
Giulietta
e
Romeo,
nel
prologo
della
tragedia.
La
ambienta
a
Verona,
città
romantica
di
torri
e
palazzi
lungo
l’Adige,
ma
il
cuore
della
storia
batte
altrove.
Sui
colli
di
Montecchio
Maggiore.
E’
qui
che
la
vicenda
dei
Capuleti
e
dei
Montecchi
trova
le
sue
radici
ed
ancora
oggi
vive
nelle
giornate
medievali
della
Faida
di
primavera
e
soprattutto
dentro
il
castello
della
Bellaguardia,
dimora
di
Giulietta.
Non
c’è
luogo
più
adatto
per
rileggere
i
cinque
atti
della
tragedia,
che
la
terrazza
del
castello
della
Bellaguardia
(o
di
Giulietta)
che
guarda
il
castello
della
Villa
(o
di
Romeo).
E’
un
nobile
vicentino,
passato
per
vicende
d’armi,
ad
avere
ispirato
Shakespeare.
Si
chiama
Luigi
Da
Porto
(1485-1529),
abita
a
Montorso
in
una
splendida
villa
di
pianura
e
guarda
verso
est,
sulla
collina
dove
campeggiano
due
castelli
di
Montecchio
Maggiore.
Vi
erano
postazioni
romane
sulla
sommità,
poi
medievali.
Nei
primi
del
D
uecento
il
castello
di
Montecchio
è
la
dote
di
S
p
e
r
o
n
e
l
l
a
dei
Bongiudei
q
u
a
n
d
o
s
p
o
s
a
U
g
u
c
c
i
o
n
e
Pileo.
Sono
anni
di
faide
e
g
u
e
r
r
e
intestine
tra
f
a
m
i
g
l
i
e
schierate
in
fazioni,
pro
e
contro
gli
Ezzelini,
pro
e
contro
Federico
II
di
Svevia.
Ezzelino
III
rade
al
suo
il
castello
a
metà
del
Duecento,
ma
50
anni
dopo
certamente
le
torri
risorgono
e
fanno
parte
di
un
sistema
fortificato
a
partire
dal
dominio
di
Cangrande
della
Scala.Nuove
distruzioni
del
Cinquecento,
ai
tempi
della
Lega
di
Cambrai,
in
pieno
dominio
della
Serenissima.
E
rimasero
ruderi
per
secoli.
Ma
il
letterato
Da
Porto,
sfigurato
e
semi
paralizzato
proprio
nelle
lotte
tra
fazioni
venete,
riversa
in
una
novella
la
storia
personale
di
un
amore
sfumato,
quello
per
Lucina
Savorgnan
che
va
in
sposa
al
suo
avversario
per
ragioni
politiche.
Non
riuscirà
a
consolarsi
nemmeno
con
una
dama
padovana,
e
manifesterà
anche
nei
Sonetti
la
sua
pena.
Costruisce
così
,guardando
ai
due
castelli
e
recuperando
echi
di
precedenti
novelle
(Ganozza
e
Mariotto
in
Masuccio
Salernitano
e
prima
ancora
Ovidio
con
Piramo
e
Tisbe,
il
Filocolo
di
Boccaccio)
la
“Istoria
novellamente
ritrovata
di
due
nobili
amanti,
trovata
due
anni
dopo
la
sua
morte.
E’
lui
che
scrive
la
vicenda
di
Giulietta
e
Romeo,
membri
di
due
famiglie
che
si
odiano
e
che
deporranno
le
ostilità
solo
dopo
la
morte
dei
due
giovani.
Un
sogno
di
pace
che
lui
stesso
non
vide
realizzato.
E’
Da
Porto
per
primo
a
trasferire
–
per
ovvie
ragioni
–
la
novella
a
Verona
nel
tempo
di
Bartolomeo
della
Scala.
I
due
giovani
si
vedono,
si
innamorano,
si
giurano
eternità.
Poi
la
sfida,
la
morte
del
cugino,
le
accuse
a
Romeo
bandito
dalla
città,
la
disperazione
di
Giulietta,
il
darsi
la
morte
di
entrambi:
tutto
viene
immaginato
da
Da
Porto
e
ripreso
dal
Bardo
inglese
che
trasformerà
la
novella
berico-scaligera
venuta
in
suo
possesso
in
una
grande
scenografia
di
versi
endecasillabi
con
25
personaggi.
Consacrerà
per
sempre
i
Montecchi
e
i
Capuleti
e
li
consegnerà
alla
Storia.
Gli
esperti
di
letteratura,
e
il
prof.
Cecil
H.Cloug
che
a
lungo
ha
studiato
il
Da
Porto,
sono
ormai
concordi:
la
creazione
è
frutto
di
fantasia,
ma
i
riferimenti
e
il
contesto
della
vicenda
rispecchiano
esattamente
il
clima
di
quell’epoca.
E’
salendo
lungo
il
sentiero
diretto
ai
castelli
di
Montecchio
che
si
possono immaginare ancora:
“le voci degli amanti
sommessa musicalità d’argento
dolcissima all’orecchio che l’esalta”.
(Romeo,
atto
secondo,
Shakespeare,
trad.Goffredo Raponi)
I
Castelli
tornano
a
vivere,
sempre
di
più,
anche
grazie
alla
storia
d’amore
che
li
ha
sempre abitati.
Fonte: www.castelligiuliettaeromeo.it
Associazione Culturale Orizzonti Paranormali
“Non tutto quello che non si comprende necessariamente non esiste”